Purtroppo il riferimento a Fantozzi del post precedente non poteva essere più azzeccato. Il responso è netto e molto probabilmente abbiamo di fronte altri cinque anni di governo brk, Bgsc, Berlukk, BERLUSCONI (scusate, ho difficoltà a pronunciarlo).
Scherzi a parte, per non tediare i lettori fra milioni di commenti già spesi, offro il mio giudizio (se può interessare) in modo schematico e senza fronzoli.
Rispetto a questa tornata di elezioni politiche dico:
Analisi generale
Il governo Prodi, per quanto salvabile per molte cose, non è entrato nel "cuore" degli elettori. Probabilmente questo è il vero fatto che ha orientato il voto, unito alla percezione che la Sinistra Arcobaleno fosse concettualmente debolina.. non aveva neanche un nome di un candidato sul simbolo. In tutto ciò Berlusconi non ha avuto grossi problemi a portare avanti la sua proposta, Alitalia e rifiuti, probabilmente, hanno fatto il resto.
Cosa ci aspettavamo
Onestamente, credo, molti di noi me compreso non credevano che la vittoria potesse essere alla portata, per un dato di oggettività quasi matematica. E a questo, altrettanto onestamente eravamo a mezza bocca preparati. But, you know, expect the unexpected, pensavamo alla peggio di perdere ma che il Pdl avrebbe avuto grossi problemi di numeri soprattutto al senato, come fu per noi due anni fa. Invece i numeri li hanno, eccome..
Cosa non ha pagato
Mi viene a mente, fra tutte, una campagna un po' troppo "precarizzata" e meno incentrata su problematiche concrete di sviluppo. Forse questa è stata percepita più come la stabilizzazione di un concetto di "posto fisso" piuttosto che l'instaurazione di iniziative forti su un nuovo modello di sviluppo efficace e al contempo solidale.
Cosa ha pagato
Il partito nuovo, unico, unico e innovativo anche nella sua proposta politica come modello da imitare. In qualcosa ci hanno pure copiato dall'altra parte.
Dove abbiamo perso e dove abbiamo guadagnato
Sono convinto anch'io, come diversi commentatori, che la Sinistra Arcobaleno ci ha "passato" molti elettori mentre il nostro lato "destro" si è sguarnito verso l'UdC. Da rifletterci su per il futuro.
E' servito creare il PD?
Accidenti che si! Siamo un grande partito che ha il 34%. Il progetto politico è vivo, confermato e pienamente incoraggiato. Dopotutto esistiamo da ottobre 2007! su questo progetto dobbiamo andare avanti con convinzione. I circoli, in questo senso, sono il vero punto di partenza per creare, aumentare, consolidare rapporti sinceri e duraturi con i territori e soprattutto con le esigenze della realtà quotidiana. Per il resto possiamo riprendere, con più tranquillità (relativa) il cammino del PD da dove lo avevamo lasciato prima delle elezioni, per approfondire meglio significati, vocazione, organizzazione e modalità inclusive di partecipazione e apertura alla realtà. Questo, ovviamente, vale soprattutto per la dimensione locale.
Cosa non dobbiamo/dovremo fare (come PD)
Appiattirci sulle gerarchie e le alchimie organizzative di un partito che sta ancora nascendo. Aprire alla partecipazione è la vera sfida. D'ora in poi abbiamo la serenità e il tempo per sperimentare e far capire ai nostri elettori il vero spirito del PD. Sul futuro, se andiamo avanti nella giusta direzione, non ci sono nubi.
Al contrario, se (soprattutto nelle dimensioni locali e territoriali) si persegue una strada di autoreferenzialità, mancato rinnovamento delle classi dirigenti politiche, confusione e commistione fra governo di territori e governo di partito ebbene, come dire, ci potremo far male solo per conto nostro e non servirà a nulla dare la colpa al Cavaliere..
Quindi, digeriamo ancora una volta Tremonti (con molto bicarbonato) e andiamo avanti.
Daniele
Scherzi a parte, per non tediare i lettori fra milioni di commenti già spesi, offro il mio giudizio (se può interessare) in modo schematico e senza fronzoli.
Rispetto a questa tornata di elezioni politiche dico:
Analisi generale
Il governo Prodi, per quanto salvabile per molte cose, non è entrato nel "cuore" degli elettori. Probabilmente questo è il vero fatto che ha orientato il voto, unito alla percezione che la Sinistra Arcobaleno fosse concettualmente debolina.. non aveva neanche un nome di un candidato sul simbolo. In tutto ciò Berlusconi non ha avuto grossi problemi a portare avanti la sua proposta, Alitalia e rifiuti, probabilmente, hanno fatto il resto.
Cosa ci aspettavamo
Onestamente, credo, molti di noi me compreso non credevano che la vittoria potesse essere alla portata, per un dato di oggettività quasi matematica. E a questo, altrettanto onestamente eravamo a mezza bocca preparati. But, you know, expect the unexpected, pensavamo alla peggio di perdere ma che il Pdl avrebbe avuto grossi problemi di numeri soprattutto al senato, come fu per noi due anni fa. Invece i numeri li hanno, eccome..
Cosa non ha pagato
Mi viene a mente, fra tutte, una campagna un po' troppo "precarizzata" e meno incentrata su problematiche concrete di sviluppo. Forse questa è stata percepita più come la stabilizzazione di un concetto di "posto fisso" piuttosto che l'instaurazione di iniziative forti su un nuovo modello di sviluppo efficace e al contempo solidale.
Cosa ha pagato
Il partito nuovo, unico, unico e innovativo anche nella sua proposta politica come modello da imitare. In qualcosa ci hanno pure copiato dall'altra parte.
Dove abbiamo perso e dove abbiamo guadagnato
Sono convinto anch'io, come diversi commentatori, che la Sinistra Arcobaleno ci ha "passato" molti elettori mentre il nostro lato "destro" si è sguarnito verso l'UdC. Da rifletterci su per il futuro.
E' servito creare il PD?
Accidenti che si! Siamo un grande partito che ha il 34%. Il progetto politico è vivo, confermato e pienamente incoraggiato. Dopotutto esistiamo da ottobre 2007! su questo progetto dobbiamo andare avanti con convinzione. I circoli, in questo senso, sono il vero punto di partenza per creare, aumentare, consolidare rapporti sinceri e duraturi con i territori e soprattutto con le esigenze della realtà quotidiana. Per il resto possiamo riprendere, con più tranquillità (relativa) il cammino del PD da dove lo avevamo lasciato prima delle elezioni, per approfondire meglio significati, vocazione, organizzazione e modalità inclusive di partecipazione e apertura alla realtà. Questo, ovviamente, vale soprattutto per la dimensione locale.
Cosa non dobbiamo/dovremo fare (come PD)
Appiattirci sulle gerarchie e le alchimie organizzative di un partito che sta ancora nascendo. Aprire alla partecipazione è la vera sfida. D'ora in poi abbiamo la serenità e il tempo per sperimentare e far capire ai nostri elettori il vero spirito del PD. Sul futuro, se andiamo avanti nella giusta direzione, non ci sono nubi.
Al contrario, se (soprattutto nelle dimensioni locali e territoriali) si persegue una strada di autoreferenzialità, mancato rinnovamento delle classi dirigenti politiche, confusione e commistione fra governo di territori e governo di partito ebbene, come dire, ci potremo far male solo per conto nostro e non servirà a nulla dare la colpa al Cavaliere..
Quindi, digeriamo ancora una volta Tremonti (con molto bicarbonato) e andiamo avanti.
Daniele
P.s.
In Italia è semplicemente finita l'esperienza politica del comunismo o è cominciata una nuova era politica che supera, secondo la vecchia accezione, le "ideologie" tradizionali nel senso che ad un modello antagonistico e di conflitto si oppone un nuovo modello basato sul confronto? O tutt'e due le cose?
2 commenti:
La nostra città ha bisogno di una scossa. Da troppo tempo è asfissiata dal bipolarismo regionale (comune a maggioranza ed opposizione): Firenze e Pisa. Gli altri? addentellati sui quali porre attenzione o meno sulla base delle scelte e delle qualità/quantità prioritarie espresse o esprimibili. Difetti di azione e progettualità locali? Anche, ma non solo.
Non sorprende il 54% al PD. Di fatto da troppi anni non esiste una opposizione propositiva a Livorno. Si sono, al momento, ricomposti i voti di sempre dei DS/PCI con assorbimento, più o meno morbido, della Margherita/PPI. Classe dirigente nuova e giovane? Tutta da costruire. Il lavoro formativo avviato timidamente da qualche soggetto negli anni scorsi deve essere ripreso e rafforzato. Chi deve farlo, oggi? Il quadro dirigente di una città non è dato solo da partiti o parti sociali, ma anche da altri soggetti (nessuno escluso). Per ora mi sembra di avvertire il buio. Il progetto in costruzione del Partito Democratico e del Nuovo Centro deve ancora trovare territorialmente slancio e penetrazione.
Sono d'accordo con quasi tutte le tue valutazioni.
Rieccomi. Un po' di riflessioni a ruota libera.
È decisamente avviata la stagione delle analisi del voto (o presunte tali). Salvo poche eccezioni, ognuno cerca di dimostrare che 'aveva ragione'. Galli Della Loggia sul Corriere della sera, Garelli sulla Stampa, Magatti su Avvenire. Mi sembra di poter osservare: la speranza di risoluzione dei problemi ritenuti più dirompenti, nell'immediato o per frustrazione maturata e consolidata in periodi precedenti, è andata regolarmente delusa da chi si è trovato a governare (che lo avesse fatto con intelligenza e professionalità o meno); e questo ha generato disillusione, disperazione e una volontà di cambiamento che solitamente si affida a chi al momento sta all'opposizione, che viene visto come elemento di novità. Quando si tratta di elezioni nazionali si tende a consolidare e premiare chi più dal punto di gestione locale ha contestato quello nazionale. Quando questa contestazione dura a lungo, diviene addirittura momento culturale identitario. Vale al sud, come al nord o al centro. È accaduto due anni fa alla coalizione di destra. È accaduto in questi giorni all'ammucchiata di centro sinistra, condizionando radicalmente l'unica proposta innovativa data dal nuovo soggetto politico: il partito democratico. Questa oascillazione politica ha le sue radici profonde in una società civile debole e in un'offerta politica incapace di rispondere alle attese della società e che perciò non riesce a stabilizzare il consenso. Ciò è stato e rimane tanto più vero in quanto ci si dichiara affrancati da ideologie del secondo dopoguerra, senza renderci conto che le mutate condizioni relazionali interne al paese o indotte dall'esterno ne hanno avviate di rinnovate (mercato, individualismo, 'concretismo', ecc.) altrettanto incapaci di dare risposte alle domande di fondo. Possiamo convivere con un liderismo (spesso fine a se stesso), che sottenda sudditanze e limitazioni unilaterali di libertà? Possiamo riscoprire la 'partecipazione', a quali condizioni di riorganizzazione del lavoro, della famiglia e dei territori? Possiamo riprendere un percorso di solidarietà e responsabilità, di limitazione di autoritarismi imposti dalle oligarchie del momento, di uguaglianza di condizioni per l'accesso alla formazione, alla conoscenza, agli strumenti di gestione dell'economia o della società? Sia laddove ha prevalso la destra sia dove il PD, nuova realtà, si è consolidato e meglio ha mantenuto precedenti acquisizioni del centro sinistra, quanto accaduto in questi giorni alle elezioni politiche invita ad una nuova capacità e possibilità di proposta progettuale. Hanno rilievo il forzato ridimensionamento dello sparpaglio di sinistra ed i lampi episodici di destra? Sono solo un chiarimento (peraltro necessario ed urgente) di ciò che strutturalmente e culturalmente è già avvenuto da tempo nella società. Unico problema: gestirlo al meglio da parte dei soggetti presenti.
Ma i cattolici? Faremo un progetto 'cattolico' o un progetto figlio di altre esperienze ed istanze? Quali saranno le sue caratteristiche identitarie? Che cosa abbiamo fatto finora perché si conoscesse (non chiedo molto di più) la dottrina sociale della Chiesa in modo da poter 'avvertire' la identità 'cattolica' in un progetto? Poco o niente. La DSC ha avuto per decenni caratteristiche deduttive (questo sono i principi ed i valori e si applicano in questa o quella maniera). Al Concilio comprendemmo che così stavamo lontani - e solo come osservatori - dalla realtà con la quale ci confrontavamo ogni giorno. Invertimmo il metodo di lettura e proposta, partendo dai 'segni dei tempi', induttivamente. Il risultato più provocatorio furono, tra l'altro la "Centesimus annus", la "Sollicitudo rei socialis" e la Laborem exercens". Se, come prova a fare il «Compendio», ne assorbissimo l'essenza e le capacità induttive avremmo molte risposte ed idee progettuali ai quesiti societari che ci si propongono. Sono convinto che la risposta non sia il liderismo che le attuali tendenze istituzionali, nazionali e globali,ci impongono.
(EB da - http://labrobet.blogspot.com/)
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