venerdì 21 marzo 2008

Ruffilli, democraticità e partecipazione.

Due righe fatte circolare via mail..

Fra i diversi temi citati in campagna elettorale si nota facilmente come, parlando di costituzione di un nuovo partito, si torni pienamente a parlare di partecipazione e democraticità il tutto collegato ai temi dello sviluppo economico e sociale. Questo è anche la sostanza del nostro stesso programma elettorale e la sfida che anche a livello territoriale si pone e si porrà a breve (vedi recenti interventi di Paoli e Landi sul "Tirreno").
Al proposito, come spunto di riflessione veloce, vi invio un riferimento biografico circa una persona, Roberto Ruffilli, che un po' di anni fa diceva e promuoveva le stesse cose in modo autorevole e approfondito e che ha pagato con la vita la sua passione politica reale e non legata a schemi di potere. Ve lo propongo vista la straordinaria attualità dei temi che trattava.

Roberto Ruffilli nasce a Forlì nel 1937 e in questa città compie gli studi fino al raggiungimento della maturità classica, indi si sposta a Milano dove frequenta la Facoltà di Scienze Politiche all'interno dell'Università Cattolica e si laurea dopo un percorso che gli vede come maestri Gianfranco Miglio e Feliciano Benvenuti.
Entra nell'accademia, all'inizio degli anni Settanta, come storico dell'Amministrazione, vince poi, nel 1976, il concorso su Storia Contemporanea, disciplina che insegna nell'Ateneo bolognese fino al 1987 quando ottiene il passaggio su Storia delle Istituzioni, la materia che meglio esprime il suo interesse e la sua passione per la politica.

La sua produzione scientifica è testimone del suo essere, come più volte fu definito al momento della sua morte, "un professore prestato alla politica".
Emblematico è infatti il convergere dei suoi studi sulle vicende costituzionali coniugate al forte interessamento per la trasformazione dei regimi democratici nel Novecento, filone all'interno del quale si inserisce il suo impegno per l'avvio delle riforme istituzionali in Italia.

E' su questo versante che prende corpo il rifiuto di una strada conflittuale obbligata per la democrazia italiana e al tempo la messa a fuoco di alcune linee, che potremmo definire programmatiche, molto chiare:
"ci troviamo di fronte alla possibilità per il nostro paese di superare comunque una democrazia elettorale imperniata su un partito-Stato, assediato da una opposizione più o meno rivoluzionaria: con il primo impegnato nell'occupazione del potere e degli apparati e nell'accelerazione a qualsiasi costo dello sviluppo capitalistico, e la seconda nell'occupazione della società in chiave anticapitalistica. [.] C'è la possibilità di sviluppare una democrazia politica e sociale, attorno allo Stato dei partiti e dei sindacati, delle autonomie e delle riforme, della programmazione e della partecipazione.[.] Tutto questo . non richiede tanto accordi su modelli globali di società [.] . Richiede invece l'accordo sulla definizione delle regole del gioco democratico, che fissi le responsabilità politiche per la progettazione del cambiamento e le responsabilità sociali per la gestione dei servizi, e che metta le une e le altre sotto il controllo effettivo, elettorale e non, delle masse e consenta ad esse di gestire direttamente i sacrifici per una nuova espansione" . E' qui che si sostanzia l'idea centrale di Ruffilli professore e politico, quell'idea che pone al centro del programma politico la restituzione al cittadino del suo ruolo di arbitro all'interno di quella democrazia partecipata che Ruffilli aveva studiato e che si stava impegnando a costruire quando il disegno di coloro che non credono nella democrazia lo ha ucciso.

Queste parole mi fanno pensare anche alla nostra situazione locale, laddove un rischio di "partito-stato" in chiave locale può concretamente esistere laddove al momento, in un singolo partito il nostro PD, si concentrano anche trasversalmente quasi tutte le posizioni di potere effettivo che sono presenti sul territorio. Quindi se ne ricava l'importanza di curare e seguire i metodi e i criteri di una effettiva partecipazione reale alla vita del partito che possiamo vedere, in un certo senso, come lo specchio biunivoco dei livelli di democraticità e partecipazione reale che si esprimono nel nostro territorio. Condividere democraticamente e partecipare sono le due condizioni base imprescindibili per impostare un processo democratico che sia efficace e produca valore sociale.
Grazie e buona Pasqua a tutti,
Daniele