domenica 11 gennaio 2009

Rinnovamento possibile

Daniele Bettinetti, intervento alla Assemblea Comunale PD Livorno, 9 gennaio 2008

Ci siamo già molto interrogati sulla questione di come il PD si deve proporre e, sempre di più, rischiamo di non avere tempo per riflettere e scambiare opinioni dato che la “cruda” realtà bussa alla porta e ci chiede risposte di valore su temi forti e su strategie riguardo a grandi problemi e soluzioni da proporre. A Livorno, come in altri territori, questa è ormai cronaca di tutti i giorni.
Premetto che mi piace essere fra coloro che più che parlare di soluzioni cerca di promuovere un dibattito, anche perché credo che dopo aver visto molte, tante riunioni ed assemblee in cui tanti di noi hanno detto qualcosa, occorre capire in modo dinamico che, per parafrasare Passigli alla festa della Costituzione a Livorno, non dobbiamo avere un’ “ansia da prestazione” cercando sempre e comunque di dare soluzioni definitive, ma metterci in un’ottica di costruzione in cui ognuno intuisce o propone un pezzetto e, nel modo opportuno e partecipato, si crea un puzzle leggibile che determina la nostra proposta politica.
I punti fondamentali, potrei, riassumere sono:
1) Rinnovare chi?
Il partito, come ogni organizzazione umana, è fatto principalmente di donne e uomini. Queste vengono prima di ogni ipotesi di struttura o gerarchia. La parola chiave e al contempo valore è la partecipazione. Partecipazione democratica, reale e da conquistare in modo dinamico.
Il modello proponibile? Quello dell’Agorà, la piazza aperta, senza preclusioni, dove le regole siano funzionali a valorizzare il libero scambio e non siano, al contrario un limite. In questo senso plaudo allo spirito di dichiarata apertura con cui, ad esempio, il Forum del Lavoro si rapporta con la grande quantità di persone che partecipano, anche via mail a distanza, ai contributi delle riunioni che si susseguono.
Non è un traguardo da raggiungere, ma un valore e uno “standard” da vivere in modo dinamico. L’obiettivo da porre è quindi sul significato, che cosa significa “partecipare” e sullo “stile” di partecipazione che vogliamo imprimere.
In questo senso aprirei se volete un momento di discussione per fare un primo bilancio dopo un anno e approfondire un’analisi sul “chi siamo”, partendo dal fondamento.
Prima ad ottobre 2007, eravamo solo “soci fondatori” adesso possiamo essere anche “iscritti”. Che cosa significa questo, è un cambiamento che ci sta portando verso un qualche modello di partecipazione o no. Se confrontiamo le cifre, circa 14.000 i fondatori del 2007 e circa 900 iscritti a un mese fa su Livorno (più altrettanti in tutta la provincia) verrebbe da pensare che sarebbe opportuno fare qualche riflessione, nel bene e nel male (e prima di farsi del male). Ovviamente non faccio riferimento al consenso legato alle elezioni, che ormai viaggia su logiche di interpretazione legate, appunto, ai “momenti” elettorali. Parlo della qualità e delle “quantità” della partecipazione che determinano poi la qualità del risultato politico di un partito.
2) Rinnovare cosa?
E’ ovvio che il discorso del “cosa” si va a riferire al modello organizzativo. E qui la faccio breve, dicendo solo che più che di regole o procedure mi piace ricordare il concetto che noi facciamo riferimento ad uno Statuto che, in quanto tale, contestualizza e dovrebbe tradurre in pratica quei valori che ci proponiamo di seguire. In questo senso il valore principe è sempre quello della partecipazione, a partire dalle attività dei circoli. I regolamenti ne devono essere la conseguenza e devono essere al servizio dello statuto e dei valori che rispecchia. Attenzione quindi a far si che i regolamenti attuativi siano realmente al “servizio” dell’applicazione di tali valori. Poterne discutere, da parte di tutti militanti e simpatizzanti, non è solo doveroso ma è la garanzia che le regole non violino, anche senza dolo, quei valori di partecipazione che abbiamo sancito. Di qui deve partire una cultura del confronto costruttivo, che può contemperare idee diverse, appunto, da confrontare e che non deve però far paura in quanto tale.
3) Rinnovare come?
Qui il discorso va sul metodo, ed in parte già prima accennato. L’agorà, un’organizzazione al servizio dei cittadini, simpatizzanti e iscritti e che si apre al confronto per trovare e condividere le migliori soluzioni. L’agorà contrapposta al “caminetto” nel senso che quest’ultimo semplicemente non serve più se esiste un’agorà che funziona e dei dirigenti che non gestiscono gerarchie ma coordinano iniziative, idee e soluzioni per farle condividere a tutta la “comunità sociale” che si chiama partito prima, società intera poi.
In definitiva potremmo quindi riassumere che “le persone” del PD, con i loro valori enunciati, si “organizzano” attraverso “metodi partecipativi” in un’Agorà aperta per produrre risultati e proposte politiche da consegnare all’intera comunità di cittadini.
In questa frase credo possa stare il nostro valore e anche la sfida, che è quella di individuare insieme il modo attraverso cui organizzare realmente questa agorà, questa piazza aperta in accordo con il significato profondo della nostra proposta politica e con la democraticità che ci caratterizza nel nome e ci deve caratterizzare sempre anche nello stile con cui agiamo politicamente.

Concludendo
Per prima cosa non dobbiamo avere paura di valutarci con serenità. Siamo nati da poco e se andiamo al di là delle diatribe elettorali e delle polemiche pretestuose possiamo solo farci del bene. E’ ovvio che siamo anche livornesi, in quanto tali nel nostro lato “buono” dovremmo essere abituati anche al confronto talvolta aspro ma sempre onesto e che alla fine arriva sempre ad una giusta mediazione. Il problema è che tale mediazione venga fatta per gli interessi di tutti e non solo su quelli di pochi, com’è ovvio. Altrimenti rischia di essere sempre al ribasso, senza condivisione vera e rinnegando la “partecipazione” come valore.
In questo senso, ad esempio, la domanda non è primarie “si o no”, ma “cui prodest” e, soprattutto, considerare tutti gli strumenti partecipativi, non solo uno. In un disegno di metodo che sia, quello si, chiaro e aperto. Se no possiamo fare primarie su tutto ma il risultato non cambierà mai.
In secondo luogo non dobbiamo avere paura di capire che per arrivare ad uno “standard politico” come quello che ci siamo dati fin dall’inizio della nascita del PD dobbiamo si “fonderci” e “sintetizzarci” anche culturalmente, e lo abbiamo detto fino a sfiancarci, ma dobbiamo soprattutto capire che tipo di competenze vogliamo mettere in campo. Come si fa a proporre un dibattito su come impostare processi di ricambio virtuosi di classi dirigenti politiche se non partiamo anche dalle competenze che occorrono per “fare politica” nel secondo millennio? Siena (la scuola di formazione del prossimo 16 gennaio) spero sia un’occasione utile su questa strada.
In terzo luogo, e come considerazione finale, non posso fare a meno di osservare come, in due parole, l’evoluzione politica degli ultimi decenni abbia, nella sostanza cercato di mettere da parte il concetto di partito come “formazione sociale” (suggellata anche dal dettato costituzionale) per dare spazio a fenomeni più riconducibili al movimentismo. Forza Italia ne è un esempio lampante. Questo tipo di evoluzione, che sintetizzo in modo estremo, c’è da chiedersi quanto abbia lasciato tramortito sul campo il valore della partecipazione democratica “de-facto”, che in quanto tale è il vero valore “vissuto” e sostanziale che ci deriva come insegnamento dai processi politici del dopoguerra.
Io credo che la nascita del PD come partito sia stata la manifestazione della volontà di mettere in pratica una proposta nuova e che non fosse solo “movimento”, proprio per garantire la più ampia partecipazione di tutti i cittadini. Il partito tradizionale si è evoluto e, grazie a noi, comincia un nuovo percorso di innovazione profonda. Non ce ne dimentichiamo mai ogni volta che stiamo per parlare, scrivere un articolo, prendere anche la più piccola delle decisioni come dirigenti a tutti i livelli, altrimenti si rischia di contare pochi iscritti e soprattutto di avere un’organizzazione senz’anima a discapito della democrazia stessa di un paese. Noi vogliamo essere il contrario e da Livorno dobbiamo far partire un messaggio forte e responsabile.