sabato 20 ottobre 2007

Primarie e antidoti per una politica autoreferenziale

Intervento pubblicato su "Il Tirreno" ottobre 2007

Primarie si, primarie no. Il Partito Democratico è nato e già ci ha stupito. Io sono stato fra quelli che, contribuendo nel mio piccolo a tale processo da tempo, ha criticato certi metodi cooptativi nella composizione delle liste e, talvolta, un certo spirito dirigista che spesso affiora in questa complessa fase costituente di un nuovo partito. Ma inevitabilmente alcuni risultati di metodo, che si possono definire come patrimonio di tutta la politica e non solo di un partito, hanno già dato qualche segnale importante e che in molti, me compreso, non si aspettavano.
Mi riferisco al fatto che alcune liste interpretate e nate come “istituzionali”, laddove erano cioè presenti diversi elementi importanti di vari establishment locali (sindaci e amministratori locali in primo luogo), abbiano perso consensi in un contesto complessivamente positivo per i modi e i numeri della partecipazione al voto. Guarda un po’, la “gente” ha votato un segretario e contemporaneamente ha espresso un giudizio sul governo locale. Perché volenti o nolenti questo è successo e bisogna prenderne atto senza nascondersi dietro presunti errori o fraintendimenti di loghi sulle schede, perché si rischia di offendere l’intelligenza di tutti coloro che sono andati a votare.
Quindi, in mezzo a tutte le innumerevoli e approfondite analisi che si stanno facendo, credo sia importante non perdere di vista la sostanza di quanto accaduto. Il problema è cioè di proseguire sulla strada intrapresa e di non deludere le attese di chi votando ha dato fiducia a questo grande cambiamento. In quest’ottica, un volta tanto, è la partecipazione delle persone che dà indicazioni alla politica e sicuramente lo strumento e il metodo delle primarie, per quanto migliorabile su alcuni aspetti, rappresenta un punto di non ritorno.
Non comprendo, francamente, come si possa mettere minimamente in dubbio che ora che è nato il PD non si debba procedere ad utilizzare il metodo delle primarie locali a cominciare dalle prossime elezioni amministrative almeno per la scelta del sindaco.
Il passato è già storia, finito. E con queste primarie si deve capire che è anche finita l’era dei linguaggi criptici e che si ritorna, attraverso la fase costituente, a dare veramente valore alla politica. E deve finire anche l’era degli “automatismi” di mandato e di carica e che chi è chiamato a guidare una città o andrà a fare il segretario del PD anche a livello locale, dovrà essere scelto da tutti gli elettori e simpatizzanti del partito, non dalle cosiddette “oligarchie”. L’abbiamo fatto per il segretario nazionale e quelli regionali, perché non possiamo farlo a livello locale? Il dibattito è aperto, la fase costituente è cominciata, la fiducia di chi ha votato non va tradita. A noi tutti non rimane che vigilare e contribuire in modo propositivo a tale lavoro, nell’interesse di tutta la comunità politica.
Daniele Bettinetti

mercoledì 10 ottobre 2007

Civiltà, legalità e partecipazione

Intervento pubblicato su "Il Tirreno", Livorno ottobre 2007.

Civiltà, legalità e partecipazione. Tre parole che stanno insieme se non altro perché hanno caratterizzato gli eventi cittadini di quest’estate. Ancora una volta molti i problemi suscitati, anche gravissimi, e di contro purtroppo una percezione di sconcertante inadeguatezza della politica nella qualità e nei modi delle risposte.
Si pone cioè la domanda sulla cosiddetta “qualità della governance” che tradotto significa capire con che spirito, con riferimento a quali valori e con quale capacità progettuale agisce chi ha il compito di tradurre la politica in atti concreti.
Civiltà. Il primo riferimento che mi viene in mente va innanzitutto alla tragedia dei bambini rom e mi fa porre una domanda semplice a cui, con tutto il rispetto, il blog aperto dal sindaco da poca risposta. Quale è il progetto sociale proiettato realisticamente su un medio-lungo termine in cui tutti i problemi di una intera comunità cittadina (e il capitolo rom è solo una parte) possano essere, per quanto possibile, trasformati in valore ed opportunità per tutti? Possibile che non si riesca ad innescare un dibattito serio e veramente allargato a tutti i cittadini (e non solo agli operatori) circa la qualità e i risultati della politica sociale sul nostro territorio?
Legalità. Mi viene a mente l’episodio dei famosi quadri ritrovati nella sede della Porto di Livorno 2000 e al resto delle vicissitudini che hanno coinvolto la stessa società nei mesi scorsi, per come riportate. Perché, data la rilevanza strategica di una tale realtà aziendale e viste le gravi accuse mosse, non si innesca un dibattito più largo sui livelli di legalità e trasparenza rispetto ad ambiti economico-produttivi fondamentali per Livorno? Anche in questo caso la politica dov’è e che cosa propone con serietà e competenza, almeno per fare pulizia e riportare in alto il livello di legalità percepita?
E infine, appunto, la partecipazione. E qui penso alle primarie del Partito Democratico, altro grande evento. E’ nata come grande occasione di partecipazione e molti cittadini, me compreso, così l’hanno vista e per questo si erano preparati con percorsi associativi e informali cominciati più di un anno fa. Nonostante che si sapesse che le liste che verranno votate il 14 ottobre saranno “bloccate” (cioè senza possibilità di dare il voto di preferenza su candidati singoli) ci si immaginava che almeno si riuscisse a creare una dinamica alta di coinvolgimento a livello locale riguardo alla formazione dei nomi da inserire, come ho saputo che in altre città si è verificato. Poco o niente di questo, da noi in larga parte si è proceduto a costruire le liste per cooptazione fra amicizie e contatti personali e in sostanza in pochi hanno stabilito prima nomi e candidati che rimarranno “fissi”. E allora? Io la fiducia, nonostante ciò, non l’ho ancora persa e andrò a votare. Mi domando però se sia forse una certa vecchia politica che ha perso totalmente la fiducia nei cittadini e ha ancora tanta paura di confrontarsi con nuove modalità più partecipate.
Caro Vescovo Ablondi hai tremendamente ragione. Noi livornesi dobbiamo darci una smossa e lo si deve fare con coraggio, responsabilità e onestà intellettuale da parte di tutti, costi quello che costi.